• +39 3669317005

    info@angelasimone.eu

  • Via M. Pasquale De Luca, 8

    73100 Lecce

  • Lun - Ven 9:30 - 18:00

    Sab- Dom CHIUSO

RELAZIONE MAL-SANA O TOSSICA

Quando una relazione può essere considerata mal-sana o tossica? E’ importante comprendere che ogni forma di abuso, sia esso fisico, sessuale, psicologico, economico o di altro tipo, è una violenza e  rende una relazione non salutare. La violenza all’interno delle relazioni affettive, purtroppo, è ampiamente diffusa, ma non sempre chi la subisce ne è pienamente consapevole, soprattutto in determinati contesti socio-culturali.

Per capire se si sta vivendo una relazione mal-sana o tossica occorre prestare

attenzione ai  seguenti  10 SEGNALI:

  1. Il primo tra questi è come la relazione ti fa sentire:
  • Ti senti senza energia, senza entusiasmo, non riesci più ad avere i tuoi spazi e a dedicarti alle cose che più ti piacciono? Hai la sensazione di non poterti esprimere liberamente? Probabilmente sei coinvolto/a in una relazione mal-sana.
  • Ti senti svuotato/a e senza gioia di vivere? Non ricordi neanche più cosa ti piace? Vivi in funzione della relazione e hai iniziato ad avere comportamenti che tu stesso/a (o i tuoi parenti/amici) non riconoscono come tuoi? Hai paura  di “non fare mai la cosa giusta” ovvero non sai come comportarti per essere “abbastanza” per il tuo partner? Probabilmente sei intrappolato/a in una relazione non solo mal-sana, ma addirittura tossica.
  1. Smette di apprezzarti o inizia a criticarti ovvero il tuo partner comincia a non apprezzare (o a disprezzare) ciò che dici o ciò che fai; è infastidito/a da tuoi piccoli comportamenti o dai tuoi modi di fare; non perde occasione per lanciarti accuse, battutine, frecciate.
  2. Non ammette i suoi errori: è sempre sulla difensiva, non ammette i propri errori o le mancanze, non chiede mai scusa.  Se provi a far notare i suoi comportamenti nocivi nei tuoi confronti trova il modo di ritrovarsi lui/lei come “vittima” e tu come “carnefice”. Quando provi a dialogare, ma senti che non è possibile alcun reale confronto.
  3. Mostra scarso interesse ( o addirittura nullo) sia a livello fisico che affettivo: si dimostra disponibile a parole, ma poi ha sempre qualcosa di più importante da fare che dedicare del tempo a te o alla relazione.
  4. Mette in atto atteggiamenti di ostruzionismo: ha un atteggiamento non collaborativo o disinteressato; ogni possibilità di confronto viene negata, il dialogo a qualunque livello (litigio incluso) evitato.

Gli ulteriori segnali che seguono indicano che la relazione non solo non gode di ottima salute, ma è addirittura tossica

  1. L’altro cerca costantemente di cambiarti: non gli va bene il tuo aspetto fisico, non gli va bene il tuo carattere, vuole cambiare il tuo modo di parlare, di vestirti oppure ti induce a lasciar andare interessi ed hobbies.
  2. Sei emotivamente dipendente dall’altro: il tuo umore dipende da cosa fa o dice il tuo partner, hai costantemente paura di perderlo/a ed hai pensieri ossessivi sulla relazione.
  3. Vuole possederti: non ti lascia i tuoi spazi, ti esaspera, ti controlla, ti impone modalità o preferenze sessuali che non vuoi.
  4. Ti impedisce in qualunque modo di realizzarti come persona o professionalmente inducendoti, ad esempio, a lasciare il lavoro o gli studi.
  5. Ti maltratta fisicamente e/o psicologicamente: la violenza è “qualsiasi atto che provoca, o può provocare,   danno   fisico,   sessuale   o   psicologico,   comprese   le   minacce   di   violenza,   la coercizione e la deprivazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che privata” (def. ONU). Da questo deriva che:
  • Ogni forma di manipolazione che ti fa sentire insicuro/a o minacciato/a è una violenza; se ti racconta menzogne, ti inganna al punto da farti dubitare delle tue percezioni è violenza.
  • Se ti costringe, in maniera diretta o indiretta ad allontanare i tuoi amici o i tuoi parenti è violenza, così come se ti impedisce di uscire da solo/a o pretende di conoscere ogni tuo spostamento

 N.B. : ciascun comportamento può essere subito o agito

ovvero assicurati che non sia tu a mettere in atto comportamenti mal-sani nei confronti del tuo partner.

 

COME FARE PER LIBERARSI DA UNA RELAZIONE MAL-SANA O TOSSICA?

 Il primo passo per liberarsi da una relazione mal-sana o tossica è

il RICONOSCIMENTO DEL PROBLEMA ovvero AMMETTERE DI AVERE UN PROBLEMA.

E’ fondamentale rendersi conto che si sta vivendo una relazione che ci fa soffrire e dall’altra che dentro di sé vi sono delle convinzioni e degli schemi che ci intrappolano nella situazione. Occorre imparare a riconoscere le motivazioni che ci hanno portato a vivere una relazione divenuta tossica: ho la tendenza a dipendere dall’altro? Ho paura di stare da solo/a? Ho una scarsa autostima? Ho bisogno di continue approvazioni? Mi sento inadeguato? Ho bisogno di riempire un vuoto emotivo profondo?  Ho la tendenza ad annullarmi nella relazione? ecc. Se ti senti sopraffatto, denigrato o ferito in qualche modo non è amore, l’amore ti permettere di esprimere chi sei e di crescere per tirar fuori la parte migliore di te. Nel caso sei tu la parte che induce sofferenza ci vuole anche molto coraggio ed onestà a mettersi in discussione e ad ammettere i propri schemi dannosi. Nella maggior parte delle relazioni gli schemi dei due partner si combinano in modo da mettere in atto comportamenti conflittuali e/o tossici.

  • Il passo successivo consiste nell’OSSERVAZIONE.

In questa fase è importante osservare attentamente sia la situazione che se stessi, lasciando un attimo in secondo piano il problema del risolverla. Per arrivare alla guarigione è fondamentale guardarsi dentro e portare l’attenzione alle proprie sensazioni corporee, al proprio stato emotivo, all’osservazione delle situazioni che provocano sempre le stesse reazioni di entrambi i partner. L’osservazione aiuta a distinguere ciò di cui si ha davvero bisogno da ciò che è tossico e dannoso e che ci allontana dalla nostra integrità. Pensare ad una soluzione diventa particolarmente difficile nelle relazioni tossiche per la presenza di fattori psicologici tra cui dipendenza dal partner, paura dell’abbandono o altre difficoltà che, se non affrontati nel modo corretto possono portare alla sensazione di trovarsi n una trappola da cui sembra impossibile uscire.  L’osservazione aiuta a ridurre l’ambiguità e la distorsione tipiche delle relazioni disfunzionali, aiutandoci a prendere le scelte che vanno bene per noi con coraggio ed impegno. Molto spesso risulta difficile farlo da soli dal momento che si è profondamente coinvolti per cui è consigliato farsi aiutare.

  • Se si decide di tentare la strada del risanamento, è fondamentale imparare a COMUNICARE al partner come ci si sente, chiarire cosa si vuole cambiare nel rapporto e comprendere se il partner è disposto ad impegnarsi seriamente affinché tale cambiamento sia possibile.

 

  • Nel caso in cui la relazione rappresenta un pericolo per la tua incolumità o quella dei tuoi figli o non vengono rispettati i tuoi diritti fondamentali è consigliabile prendere le distanze dal partner o chiudere del tutto la relazione se l’altro non ammette le proprie responsabilità e si rifiuta di mettersi in discussione. E’ fortemente raccomandato chiedere aiuto ad uno specialista.

N.B.:  La tendenza a tollerare, perdonare ed accondiscendere a comportamenti dannosi/pericolosi del partner

che si rifiuta di ammettere le proprie responsabilità, porta ad un aumento della frequenza e dell’intensità

di tali comportamenti all’interno della relazione.

 

  • Nel caso in cui si decide di chiudere una relazione TOSSICA occorre UN PIANO D’AZIONE. Quando ci si trova in una relazione tossica spesso le energie sono talmente compromesse da trovare difficile organizzare qualunque cosa, ma è una fase decisamente importante.  Un’attenzione particolare va posta a quelle relazioni in cui è presente violenza fisica: in questo caso, occorre prevedere per quanto possibile le reazioni del partner. Avere Un PIANO D’AZIONE significa considerare tutte le possibili difficoltà da affrontare: iniziare a chiedere aiuto, non solo a parenti e/o amici, ma soprattutto contattando un terapeuta che possa dare l’aiuto corretto.  Spesso, occorre trovare, inoltre, una collocazione per sé ed eventuali figli o animali della famiglia.  Bisogna riflettere sulle proprie priorità, sulle proprie convinzioni  e, poi AGIRE con determinazione, avendo già immaginato vari possibili scenari e come fronteggiarvi.

Alcune domande che aiutano a comprendere se è opportuno chiudere una relazione:

1) I problemi che hanno portato a questo punto hanno una soluzione?

La maggior parte dei problemi di coppia sono risolvibili, ma in molti casi uno dei due non è disposto a cedere o a rinunciare a qualcosa per venire incontro all’altro, in tal caso meglio lasciar andare

2) Entrambi siete disposti a compromessi e fare dei cambiamenti per salvare la relazione?

3) Sei convinto/a di amarlo/a? (ovvero vuoi il suo bene e la sua felicità e sei disposto/a ad impegnarti per rendere il partner sereno? O… vuoi solo essere amato/a?)

Evitate di auto ingannarvi. Cosa volete veramente dalla relazione? Spesso le persone si aggrappano disperatamente ad una relazione che è già finita da tempo, nella speranza che tutto torni come ai primi tempi, ma questa è solo un’illusione, niente sarà più come prima, ciò che conta è il momento presente.

4) Ti capita di provare rancore nei confronti del partner? Ti capita di pensare di voler interrompere il rapporto?

Molto probabilmente il problema di coppia ha prodotto una profonda ferita emotiva, sono relazioni difficili da risanare, in quanto le ferite a livello emotivo spesso restano aperte per lunghissimo tempo.


Se stai vivendo una relazione malsana o tossica dalla quale non riesci ad uscire non esitare a contattarmi

per un colloquio orientativo gratuito.

PSICOLOGIA E MEDICINA: si può curare solo il corpo o solo la mente?

Cosa accade se curiamo solo una parte di un sistema? Può funzionare, in maniera armonica, un organismo di cui non si tiene conto ogni suo componente?

E’ innegabile che l’uomo sia costituito da un sistema corpo-mente e che dall’unione di queste due parti scaturisca un’unità che è molto più della loro somma. Le variabili psicologiche e fisiche si affiancano, inoltre, a quelle ambientali e relazionali.

L’essere umano, dunque, è un sistema altamente complesso e ciascun individuo è unico nel suo genere. Nonostante le differenze, ogni uomo è accomunato dal funzionamento biochimico e dalla fisiologia del corpo, oltre che da processi e schemi mentali, per quanto riguarda la psiche.

La medicina tradizionale, sino a questo momento, si è concentrata sulle caratteristiche fisiche: si è basata sull’analogia di funzionamento d’organo e manifestazione dei sintomi per fornire a tutti gli uomini le stesse tipologie di cure. Per esempio, i farmaci che curano la polmonite sono gli stessi per ciascun individuo, come se non ci fossero quasi differenze tra i diversi pazienti. L’attenzione è data quasi esclusivamente al sintomo predominante e alla malattia; ci si è dimenticati dell’unicità dell’individuo, con le sue caratteristiche psicologiche.

La psicologia, d’altro canto, si occupa della mente, dei comportamenti, delle relazioni; spesso dimenticando che anche il corpo ha una sua memoria cellulare e un proprio linguaggio.

L’uomo, in quanto unità di corpo-mente, ha necessità di essere accompagnato nel suo percorso di guarigione da una medicina integrata che prenda in esame l’intero sistema.

La necessità di un’integrazione si palesa in tutta la sua evidenza se si considera l’enorme influenza che la mente ha sul corpo e viceversa. Comprendere il disagio emotivo che sta dietro ad un sintomo fisico diviene fondamentale, quando l’obiettivo non è raggiungere l’eliminazione di un sintomo, ma l’equilibrio psico-emotivo, prerogativa di una buona condizione fisica.

L’analisi e il sostegno psicologico, comunque, non dovrebbero riguardare il disagio psichico solo in caso di malattia, ma dovrebbero divenire una forma di prevenzione a sostegno del benessere. I campi di intervento sono molteplici, ma la gestione delle emozioni e dei conflitti dovrebbe essere alla base di ogni sistema educativo, a partire dall’infanzia, così come la gestione dello stress.

Le ultime ricerche di PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia), infatti, hanno evidenziato che l’incidenza di alti livelli di stress comportano squilibri ormonali con un’alta produzione di adrenalina e, nel caso di stress prolungato, di cortisolo, che interferisce con la produzione di serotonina. Ansia, depressione, disturbi del sonno: sono solo alcuni dei disturbi collegati. Lo stress cronico determina problemi sia a livello cardiaco (tachicardia, extrasistole, dolore al centro del petto, ipertensione, infarto), sia a livello polmonare (asma bronchiale, iperventilazione), sia a livello gastrointestinale (diarrea, stipsi, dolori, dispepsia, ulcera gastroduodenale, morbo di Chron), che a livello endocrino (influenza l’attività delle ghiandole endocrine periferiche come i surrenali, il pancreas, le reni e la tiroide).

E cos’è lo stress se non la reazione di adattamento a un cambiamento? La vita è cambiamento continuo, istante dopo istante; fare resistenza a tale cambiamento vuol dire soffrire. Ecco perché ritengo che la gestione dello stress possa essere considerata come un vero e proprio corso di sopravvivenza per il benessere e il mantenimento della salute.

Il fatto che una condizione di benessere derivi più da uno stato mentale che da particolari condizioni fisiche e ambientali è stato anche dimostrato attraverso un particolare esperimento scientifico[1] condotto, nel 1981, da Ellen Longer, docente di psicologia all’Università di Harvard, in cui ci si proponeva di analizzare la correlazione tra vecchiaia e stato mentale.

Lo studio ha coinvolto otto uomini di settant’anni cui è stato chiesto di vivere per cinque giorni in un edificio arredato solo con mobili, libri, riviste e oggettistica del 1959. Anche la radio e la televisione in bianco e nero trasmettevano solo musica e filmati di vent’anni prima. L’esperimento è stato ideato in modo da riportare i partecipanti indietro di ventidue anni, vietando ai volontari l’uso di specchi e foto recenti e chiedendo loro di parlare esclusivamente al tempo presente.

Prima dell’esperimento gli uomini coinvolti erano stati sottoposti a esami sullo stato di salute e sui riflessi mentali e fisici, mentre durante la prova sono stati trattati come se avessero effettivamente vent’anni in meno, chiedendo loro anche di sostenere sforzi fisici come il trasferimento dei propri bagagli. Al termine della prova gli esami di controllo hanno rilevato un notevole miglioramento della salute, dei riflessi e della postura.

E’ stato evidenziato, inoltre, che la tendenza a parlare del passato e la nostalgia aggravi lo stato di salute psico-fisica degli anziani, molti tra loro accomunati dalla difficoltà ad accettare il cambiamento e dalla falsa convinzione di non essere più in grado di poter fare le stesse attività del passato. Quanto è stato dimostrato possiamo dire che va al di là di ogni aspettativa, dal momento che il risultato arriva a sostenere che la vecchiaia sia solo uno stato mentale.

E’ innegabile, quindi, la stretta interconnessione tra mente e corpo. Agire sulla mente si è visto abbia un’influenza diretta sullo stato di salute: imparare ad adattarsi ai cambiamenti, ad accettare anche le fasi meno piacevoli come facenti parte di un processo naturale di alternanza di opposti, a sorridere di se stessi e a vivere con leggerezza, può essere in molti casi la migliore cura.

Attualmente nessuna medicina può ormai disconoscere le strette connessioni esistenti tra corpo e mente e tra stress (capacità di adattamento) e condizione di salute grazie anche ai più recenti studi di PNEI che hanno evidenziato la variazione dei diversi parametri in seguito a sollecitazioni emozionali di una certa intensità, sebbene in modo differente da individuo a individuo.

A tal proposito si distinguono 5 tipologie principali:

  1. le situazioni di aumentato stress di tipo esistenziale (lutti, separazioni, divorzi, pensionamento), problemi affettivi protratti e sovraccarico di lavoro con scarsa soddisfazione; possono avere sia un ruolo acuto (precipitante la malattia) che cronico sul lungo periodo (azione predisponente)
  2. le condizioni di stress emozionale acuto, intense, prodotte da eventi ritenuti importanti dall’individuo, che possono far precipitare malattie fisiche acute preesistenti e, più difficilmente, la comparsa di nuove malattie;
  3. la tendenza a sopprimere le emozioni favorirebbe il rischio di somatizzazioni
  4. una condizione prolungata di abbattimento del morale, in cui l’individuo si sente come spento, demotivato, fino a casi di vera e propria disperazione, può influire su varie malattie e sul loro decorso
  5. la mancanza di un adeguato supporto affettivo e il conseguente senso di solitudine espongono a un aumento del rischio di ammalarsi sul piano sia psicologico (disturbi psichiatrici) sia fisico (malattie somatiche)

L’importanza di agire sulla mente e sulle emozioni è evidenziata anche dalle ricerche sullo stress e sulla Sindrome Generale di Adattamento del dottor Selye, medico austriaco. Nei suoi studi ha rilevato che lo stress, da risposta fisiologica normale, diviene negativo (distress) quando viviamo una situazione come indesiderata, spiacevole, provando sensazioni d’insicurezza ed ansia. Tra le cause principali troviamo la frustrazione che deriva dal senso di contrarietà per i doveri e le responsabilità della vita quotidiana.

Nella maggior parte dei casi, la condizione che è considerata “normale” in questa società è in realtà una fase di resistenza da stress prolungata cui si sovrappongono episodi di reazione da stress acuta, come nel caso di una prova da superare o un litigio con il partner. L’effetto di tutti questi eventi non graditi è quello di mettere l’individuo nella “condizione di combattimento o fuga”, scatenando una tempesta nel sistema limbico che si traduce nel rilascio delle catecolamine (adrenalina e noradrenalina) inducendo un picco energetico. Nel frattempo, l’organismo ha una seconda reazione guidata dall’amigdala, che crea una situazione di eccitamento corticosurrenale che ha come effetto quello di mantenere un alto livello di attivazione del cervello emozionale.

Dolf Zillmann, psicologo dell’Alabama, trovò che uno dei fattori scatenanti universali della “condizione di combattimento o fuga” è la sensazione di trovarsi in pericolo, e questo sembrerebbe abbastanza scontato, se non fosse che il pericolo si è visto poter venire non solo da una minaccia fisica, ma anche e più spesso da una minaccia simbolica all’autostima o alla dignità della persona. Un individuo con problemi di insicurezza, autostima, incline al controllo e con idee precise e preconcette su cosa sia giusto e sbagliato sarà ovviamente poco tollerante allo stress e dunque più incline a manifestare malattie e sintomi correlati. L’integrazione tra medicina e psicologia è importante per il benessere di ciascuno, ma diviene di fondamentale importanza per questa tipologia di individui, emotivamente più vulnerabili, sia come prevenzione sia in fase di cura.

[1] Fonte: La capanna nel silenzio, http://lacapannadelsilenzio.it/ritorno-al-passato-_-lesperimento-antiorario-di-ellen-langer/

COSA CI RENDE MANIPOLABILI? COME FACCIAMO A DIFENDERCI?

COSA CI RENDE MANIPOLABILI? COME FACCIAMO A DIFENDERCI? 

Vediamo di  seguito quali stati mentali e strategie  ci rendono più facilmente suggestionabili e manipolabili ovvero controllabili:

  1. Sovraccarico mentale:per indurre una persona a fare (o comprare) qualcosa risulta molto efficace sovraccaricare la mente ovvero somministrare molti stimoli nuovi, in modo da affaticare la corteccia prefrontale e, subito dopo, inondarla di messaggi, dogmi, slogan, ecc. E’ quanto accade, per esempio, quando guardiamo i programmi televisivi. La corteccia prefrontale è la parte del cervello che esercita il maggior controllo, ma il suo funzionamento può essere compromesso da forti emozioni, da privazione del sonno, da stress cronico così come da sostanze chimiche (droghe, alcol, tossine alimentari). Quando la corteccia prefrontale è sovraccaricata e stanca, lascia il controllo ai circuiti limbici, più primitivi ed emotivi, e diventiamo più suggestionabili e indifesi alla manipolazione, rendendo possibile l’instillazione di suggestioni, immagini, informazioni inutili o addirittura dannose.
  2. Il senso di impotenza che si può ottenere attraverso un continuo flusso di notizie e immagini violente come omicidi, stragi, eccidi, distruzioni, brutalità ed abitua le persone ad accettare quanto viene “bombardato” come situazioni inevitabili e irrisolvibili. Lo stesso effetto si può ottenere incalzando qualcuno con un susseguirsi di compiti che deve svolgere senza la possibilità di organizzarsi. Questo può far sentire la persona incapace o inadeguata ed impedisce di comprendere cosa realmente accade.
  3. L’associazione positiva: è possibile far accettare un’iniziativa oggettivamente non accettabile come una guerra, una legge, una tassazione dandogli una connotazione falsa, ma semanticamente positiva (es. guerra umanitaria, bombe intelligenti, liberazione di un popolo al posto di invasione, …)
  4. La ripetizione di un messaggio in modo continuo e pervasivo, più volte al giorno può far assorbire il contenuto e le implicazioni del messaggio stesso come se fossero un fatto vero e comprovato anche quando non lo è.
  5. “Shock and awe doctrine” (“colpisci e terrorizza”):la cosiddetta “dottrina dello shock ”viene ormai applicata su scala globale. Singoli individui o intere popolazioni messi sotto shock danno il loro consenso a cambiamenti, riforme, leggi, restrizione di libertà, guerra, ecc. Lo shock può dipendere da fattori molto differenti come catastrofi naturali (epidemie, terremoti, pandemie, ecc.), cambiamenti economici (recessioni, crisi, crolli in borsa, fallimenti, ecc.) e politici (guerre, colpi di stato, ecc.) Chi vuole ottenere consensi non deve far altro che sfruttare l’effetto sorpresa e la paura come enorme fattore di distrazione e paralisi di massa, inibitore di possibili reazioni e resistenze.
  6. Debunking o discredito è una forma manipolatoria, che consiste nello screditare teorie e/o i diffusori di tali teorie ed informazioni che vanno contro il pensiero ufficiale dominante. Un utilizzo estremo del debunking consiste nel portare l’opinione pubblica alla conclusione che non si potrà mai sapere la verità perché tutti mentono e fanno i propri interessi per cui è giustificato arrangiarsi e pensare solo per sé ovvero si porta la massa verso l’individualismo e disumanizzazione. Esempio: attacco screditatorio contro quei medici e scienziati che esprimendo parere contrastante con le politiche governative messe in atto durante l’emergenza Covid si sono ritrovati duramente attaccati;
  7. Trovare un nemico, un colpevole, un capro espiatorio verso cui scaricare la frustrazione, la tensione e l’aggressività; e l’aggressività può scaricarsi contro di sé o contro un oggetto esterno. Quando un tale tipo di frustrazione è diffusa in tutta la popolazione, chi padroneggia tali tecniche di manipolazione sa benissimo che è il momento per fondare un movimento e/o organizzare un attacco verso il nemico (es. immigrati, terroristi, minoranze, altre nazioni, …)

Come facciamo a difenderci dalla manipolazione?

La manipolazione, purtroppo, fa parte della vita, per cui è illusorio pensare di non poterne fare l’esperienza, per difendersi il primo passo è approfondire la conoscenza delle tecniche di manipolazione in modo da poterle riconoscere quando vengono usate a nostro danno.

Vediamo di seguito altri strumenti per proteggersi:

  1. Accrescere la conoscenza di se stessi e sviluppare la propria consapevolezza: più conosci te stesso, più conoscerai il mondo diceva Socrate e meno subirai le influenze esterne.
  2. Sviluppare la propria resilienza ovvero la capacità di affrontare ostacoli e momenti difficili in modo positivo, permette anche di non cadere preda di ansia e paura e di essere in grado, dunque, di prendere decisioni ed operare scelte consapevoli.
  3. Imparare a fidarsi del proprio intuito: se avete la sensazione che qualcuno vuole controllarvi e/o vi fa venire fuori i vostri sensi di colpa e/o vi ritrovate a dire e a fare cose che non volete o non vi appartengono partite dal presupposto che siete stati manipolati ed allontanatevi dalla persona o situazione, se vi sentite confusi, avete pensieri ripetuti negativi o vi sentite spaventati prendete tempo per stare con voi stessi senza influenze esterne. Es. se vi sentite eccessivamente sovraccarichi e/o preoccupati per la situazione di emergenza che stiamo vivendo provate a non guardare la tv per almeno una settimana (se proprio non riuscite a rinunciare alla televisione guardate solo film e/o programmi selezionati che non trattino di Covid), evitate per tutta la settimana anche di leggere notizie sull’argomento Covid su altre fonti; dedicatevi a qualcosa che vi faccia stare bene con voi stessi, (suonate, ballate, giocate, ridete, impastate il pane, fate dolci, coltivate rose, camminate, correte,…). Nella seconda settimana tornate pure ad informarvi, ma solo attraverso notizie accuratamente selezionate, lasciando spenta la tv e continuando a dedicarvi a quello che vi fa stare bene. Provate solo per due settimane e non solo le idee torneranno a schiarirsi, ma vi sentirete molto meno ansiosi e stanchi.

LE 10 TECNICHE DI MANIPOLAZIONE DI MASSA di NOAM CHOMSKY

Noam Chomsky, scienziato cognitivista e famoso comunicatore, ha elaborato un decalogo delle strategie messe in atto dai media e dai governi per manipolare le masse.

Tra le armi più potenti di manipolazione vi è la distrazione che consiste nello spostare l’attenzione del pubblico da temi importanti e dai cambiamenti decisi dall’alto attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.”

2) Problema e soluzione

Mostrare un determinato tema come un problema, per poi creare una soluzione che sarebbe difficilmente accettata in altro modo ed è già stata decisa a priori. Es: obiettivo non far uscire le persone di casa. Strategia: Creare una situazione di allarme e paura e proporre il lockdown come l’unica soluzione al problema.

3) La gradualità

In molti casi per poter manipolare le masse è necessario farlo gradualmente. Nel caso dell’eliminazione di alcuni diritti fondamentali, per esempio, è preferibile eliminarli in piccole dosi per non causare le proteste dei cittadini. Es. Obiettivo il lockdown. Strategia: restrizioni graduali della libertà sino ad arrivare al lockdown.

4) Differire

In questo caso, si presenta una determinata riforma assicurando che, pur essendo negativa per i cittadini, nel breve periodo sarà positiva per tutti nel lungo periodo.  In questo modo, le persone saranno meno propense a protestare perché si aspettano dei benefici. Qualora i benefici promessi non si dovessero palesare sarà già troppo tardi e le persone si saranno già abituate al cambiamento. Es. Obiettivo: lockdown. Strategia: chiedere un sacrificio adesso promettendo che andrà tutto bene poi solo se tutti ci sacrifichiamo ora.

5) Infantilizzare il pubblico

Sia nelle pubblicità che nei discorsi politici, spesso si tende a parlare agli ascoltatori come se fossero bambini. In questo modo, si azzera il senso critico delle persone che saranno più propense ad accettare il messaggio. Es. obiettivo: Lockdown. Strategia: messaggi che comunicano che è necessario obbligare i cittadini a stare in casa perché altrimenti non rispettano le regole e non comprendono il pericolo.

6) Usare le emozioni

I messaggi manipolativi agiscono sulle emozioni in modo da agire direttamente sull’inconscio che non saranno più in grado di utilizzare in modo efficiente la parte razionale ed il proprio pensiero critico. Es.: tutta l’informazione mediatica relativa al Covid-19 mette l’attenzione sul crescente numero di contagiati e morti senza informare sul numero dei guariti, sui progressi fatti nelle cure, sul reale tasso di letalità del virus ovvero sta agendo sulla paura atavica della malattia e della morte delle persone.

7) Pubblico ignorante e compiacente

Un pubblico ignorante e/o compiacente non abituato al pensiero critico è facilmente manipolabile. Un sistema educativo basato più sull’acquisizione di nozioni che sulla formazione di un pensiero critico, dunque, è uno strumento potente per il controllo di massa, così come conformare i bisogni e creare mode e tendenze.

9) Rafforzare il senso di colpa

Questa strategia di manipolazione di massa tende a far credere alla persone che tutti i loro problemi derivino da loro stessi. Invece di ribellarsi contro il sistema, dunque, i cittadini penseranno di essere i responsabili diretti di ciò che sta accadendo. Es.: i contagi da Covid aumentano perché non tutti portano le mascherine e rispettano le regole, per cui la colpa della diffusione di un virus ricade sui cittadini considerati poco responsabili.

10) Conoscere l’essere umano

Maggiore è la conoscenza dell’essere umano, maggiore è il controllo che si riesce ad esercitare ed i governi hanno una vasta conoscenza delle persone, per cui riesce ad avere un grande controllo sui cittadini. Es. Le informazioni contenute nei social network, nei motori di ricerca e attraverso le App sono accuratamente studiate sia dalle agenzie di marketing che da tutti quegli enti che necessitano di informazioni relativamente ad un individuo o ad uno specifico target per controllare le persone e le masse.

LA MANIPOLAZIONE MENTALE DELLE MASSE

Le tecniche di manipolazione mentale sono un ambito importante della ricerca psicologica e trovano largo impiego nella comunicazione mediatica, come potente strumento di condizionamento che influenza la psiche delle persone in base all’obiettivo da raggiungere anziché informarle in modo oggettivo. In questo articolo ci occuperemo della manipolazione di massa ovvero della manipolazione che avviene verso molti soggetti (come nel caso della pubblicità, dei mezzi di comunicazione di massa, nelle sette religiose, nelle campagne politiche, …).

Tra i precursori dello studio sulla manipolazione di massa troviamo Gustave Le Bon, etnologo e psicologo, che nel 1895 scriveva “Psicologia delle folle“, opera nella quale descrive le masse come una forza di distruzione in cui prevalgono sentimenti di autorità ed intolleranza; la folla crea un inconscio collettivo che, da una parte, annulla il senso di responsabilità individuale e l’autocontrollo del singolo e dall’altra consente una maggiore manipolazione dal momento che rende gli individui facilmente orientabili da fattori esterni, tanto che, secondo Le Bon, le folle possono essere facilmente condotte a farsi uccidere per un’ideale oppure a compiere atti atroci.

Le opere di Le Bon ispirarono molti uomini politici del tempo tra cui Edward Bernays, nipote di Freud e Walter Lippmann, considerati i fondatori delle moderne Relazioni Pubbliche e della Propaganda, tanto che furono incaricati dal presidente americano Wilson a collaborare con il Committee on Public Information (CPI o Creel Committee) con l’obiettivo di guadagnare l’assenso dell’opinione pubblica all’entrata in guerra dell’America nel 1917.

Il Creel Committee divenne un potente mezzo di propaganda bellica, vennero istituite anche sezioni estere con uffici in trenta paesi, furono diffusi migliaia di comunicati stampa, milioni di poster, tra cui quello famosissimo raffigurante lo  “Zio Sam” e la celebre frase “I Want You for US Army“.  Nel cinema vennero introdotti metodi di propoganda pro-bellica,  Hollywood produsse una serie di film dal chiaro messaggio anti-tedesco. La Commissione creò anche i four minute men, un gruppo di circa 75 mila volontari, per diffondere dei discorsi della durata di quattro minuti proiettati nei cinema o tenuti in presenza di assembramenti a sostegno della guerra. Sei mesi di campagna propagandistica, un vero e proprio bombardamento mediatico portarono alla nascita di decine di organizzazioni patriottiche e causarono nella popolazione un’isteria anti-tedesca.

I risultati della propaganda furono così sbalorditivi da impressionare uomini d’affari e politici in tutto il mondo tra cui Hitler, Stalin, Mussolini, per la capacità di controllare e pilotare l’opinione pubblica.

Negli anni ’50 il sociologo Vance Packard pubblicò un testo “I persuasori occulti” nel quale affronta il tema della manipolazione della mente dei consumatori “dalla culla alla tomba”  attraverso messaggi pubblicitari basati su tecniche psicologiche per indirizzare le scelte d’acquisto ovvero sfruttando ampiamente le ricerche motivazionali  per vendere un prodotto. Il consumo non dipende più da scelte razionali dell’individuo, ma da tecniche che fanno leva su desideri spesso inconsci, che suscitano un atto compulsivo all’acquisto.

In quest’ottica nasce un nuovo “lavoro”,  l’Astrosurfing, inventato dal marketing online ovvero  la richiesta di utenti che, dietro pagamento, pubblicano false recensioni positive per promuovere prodotti o servizi sul Web ( Tripadvisor, Yelp, Amazon, Wikipedia, …) e creare false immagini positive di aziende o prodotti.

Attualmente un nuovo paradigma sociologico va oltre ed attribuisce ai media la capacità non solo di rappresentare ma anche di creare la realtà con tutte le implicazioni che ne conseguono e non sono da sottovalutare. I mass media utilizzano, infatti, tutta una serie di tecniche per indurre nel pubblico una disponibilità mentale ai condizionamenti molto simile alle forme di manipolazione usati nelle sette per acquisire e trattenere gli adepti.

Noam Chomsky famoso linguista, filosofo, scienziato cognitivista, teorico della comunicazione, accademico, attivista politico e saggista statunitense, ha elaborato un decalogo delle strategie messe in atto dai media e dai governi per manipolare la massa.

Continua

EMPATIA

Empatia

L’empatia può essere suddivisa in tre livelli sovrapposti, corrispondenti a tre differenti relazioni:
a. Empatia di base che coincide con l’ identificazione, ovvero la capacità di cambiare punto di vista su di una situazione senza perdersi. detta in un altro modo può essere vista da una parte come la capacità di distinguere sé dall’altro e, dall’altra, come la capacità di assumere il punto di vista dell’altro.
Si tratta di immaginarsi cosa si potrebbe provare a pensare al posto dell’altro (che può essere un altro essere umano oppure un essere immaginario come il protagonista di un film). E’ possibile identificarsi con qualcuno senza neppure vederlo o senza che l’altro se ne accorga. L’empatia così definita alimenta la reciprocità, supportando la solidarietà e il mutuo soccorso.

 b. Empatia reciproca Alla capacità di mettersi al posto dell’altro si somma il desiderio di essere riconosciuto dall’altro ovvero della capacità dell’altro di mettersi al mio posto e di avere così accesso alla mia realtà interiore, di comprendere quello che comprendo e di provare quello che provo. Questo mutuo riconoscimento apre la possibilità ha tre aspetti fondamentali in una relazione: riconoscere all’altro la possibilità di avere stima di sé come io ce l’ho di me stesso (componente narcisistica); riconoscergli la possibilità di amare e di essere amato (componente delle relazioni oggettuali); riconoscergli la qualità di soggetto del diritto (componente della relazione di gruppo)

c. Intersoggettività. A questo livello l’empatia consiste nel riconoscere all’altro la possibilità di chiarire aspetti di me stesso che ignoro. Non si tratta più di identificarsi nell’altro, né di riconoscere all’altro la capacità di identificarsi con me, ma di scoprire, attraverso l’altro, parti di me che non conoscevo e permettere di lasciarmi trasformare da questa scoperta. La relazione può divenire un modo per migliorare entrambi.

In tal modo ognuno di noi scopre contemporaneamente l’altro e se stesso, ma il percorso può farci incontrare  angosce intense legate alla paura di essere manipolato, alienato dalla propria libertà e del proprio desiderio, cioè di essere assorbito nell’altro e di cessare un’esistenza autonoma.
A volte questa paura ci porta a voler manipolare l’altro per ottenere il controllo ( per timore di essere sottoposto al dominio dell’altro) . In questo senso possiamo affermare che pi è forte il bisogno di controllare meno spazio vi è per lo sviluppo dell’empatia e che, al tempo stesso, l’unico possibilità che abbiamo di vivere relazioni appaganti è sviluppare l’empatia  e cercare di coltivarla nelle proprie relazioni.

AUTOSTIMA

Autostima

Una definizione condivisa potrebbe essere la seguente:
“Insieme dei giudizi valutativi che l’individuo dà di se stesso” (Battistelli, 1994).

L’autostima di una persona non scaturisce, però, esclusivamente da fattori interiori individuali, ma si è visto che hanno una certa influenza i confronti che l’individuo fa, consapevolmente o no, con l’ambiente in cui vive e l’interazione con gli altri.
La buona notizia è che l’autostima può essere modificata e costruita giorno dopo giorno attraverso tecniche e strategie cognitive.

Nel processo di formazione dell’autostima distinguiamo due componenti: il sé reale e il sé ideale.
Il sé reale corrisponde alla visione oggettiva delle proprie abilità ovvero a ciò che noi realmente siamo.
Il sé ideale corrisponde a come l’individuo vorrebbe essere.
L’autostima scaturisce dai risultati delle nostre esperienze confrontati con le nostre aspettative ideali. Maggiore sarà la discrepanza tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere, minore sarà la stima di noi stessi.

La presenza di un sé ideale non è negativo di per sè, può essere addirittura uno stimolo alla crescita, in quanto induce a formulare degli obiettivi da raggiungere, ma può generare insoddisfazioni ed altre emozioni negative se lo si avverte molto distante da quello reale.
Possedere un’alta autostima, dunque, è il risultato di una limitata differenza tra il sé reale e il sé ideale. Significa saper riconoscere in maniera realistica di avere sia pregi che difetti, impegnarsi per migliorare le proprie debolezze, apprezzando i propri punti di forza. Tutto ciò enfatizza una maggiore apertura all’ambiente, una maggiore autonomia e una maggiore fiducia nelle proprie capacità.

Le persone con un’alta autostima dimostrano una maggiore perseveranza nel riuscire in un’attività che le appassiona o nel raggiungere un obiettivo a cui tengono e sono invece meno determinate in un ambito in cui hanno investito poco. Si tratta di persone più propense a relativizzare un insuccesso e ad impegnasi in nuove imprese che le aiutano a dimenticare.

Al contrario, una bassa autostima può condurre ad una ridotta partecipazione e a uno scarso entusiasmo, che si concretizzano in situazioni di demotivazione in cui predominano disimpegno e disinteresse. Vengono riconosciute esclusivamente le proprie debolezze, mentre vengono trascurati i propri punti di forza. Spesso si tende a evadere anche dalle situazioni più banali per timore di un rifiuto da parte degli altri. Si è più vulnerabili e meno autonomi. Le persone con una bassa autostima si arrendono molto più facilmente quando si tratta di raggiungere un obiettivo, soprattutto se incontrano qualche difficoltà o sentono un parere contrario a ciò che pensano. Si tratta di persone che faticano ad abbandonare i sentimenti di delusione e di amarezza connessi allo sperimentare un insuccesso. Inoltre, di fronte alle critiche, sono molto sensibili all’intensità e alla durata del disagio provocato.

Ma cosa concorre a far sì che un individuo si valuti positivamente o negativamente?
Ebbene ci si auto-valuta in merito a tre processi fondamentali:

Specchio sociale: assegnazione di giudizi da parte altrui, sia direttamente che indirettamente ovvero ci autodefiniamo attraverso le opinioni comunicate dalle persone per noi importanti (ed a volte anche non importanti).
Confronto sociale: la persona si valuta confrontandosi con chi lo circonda e da questo confronto ne scaturisce una valutazione.
Processo di auto-osservazione: la persona, osservandosi, può riconoscere le differenze tra se stesso e gli altri.

In generale:
La percezione di una distanza tra come siamo e come vorremmo essere genera emozioni negative di tristezza, tale per cui siamo portati a mettere in atto strategie e comportamenti per minimizzare in qualche modo tale differenza percepita.

Talvolta le autoanalisi che contribuiscono definire l’autostima di una persona sono falsate dalle sue distorsioni cognitive, ovvero da pensieri che inficiano la considerazione di sé.

Il processo mediante cui ci si auto-valuta è dovuto anche alle attribuzioni causali ovvero spesso si cerca di spiegarsi un evento collegandolo ad una causa. Spesso si tende ad attribuire un successo raggiunto ad una causa esterna (es. la fortuna) oppure ad una causa interna (es. la tenacia).

Strategie per incrementare l’autostima
l’incremento delle capacità di problem solving, poichè spesso l’autostima è funzione delle proprie capacità di risolvere i problemi.
l’implementazione del dialogo interno (self – talk) positivo; l’autostima, infatti, può essere incrementata attraverso il dialogo positivo con se stessi, utilizzando la propria voce interiore. In altre parole, se noi per primi inviamo dei messaggi positivi alla nostra mente, è molto probabile che le autopercezioni possano migliorare.
la ristrutturazione dello stile attribuzionale, tesa a farci raggiungere una maggiore obiettività, grazie alla quale potremmo, ad esempio, interpretare gli avvenimenti o le situazioni che non dipendono da noi come semplicemente sfavorevoli.
il miglioramento dell’autocontrollo;
la modificazione degli standard cognitivi: ponendoci aspettative eccessivamente elevate, infatti, corriamo il rischio di non essere all’altezza di quelle attese e, quindi, di influenzare l’autopercezione.
il potenziamento delle abilità comunicative.

Consiglio: tieni ben presente che la mente è ‘come una lente: la visione di sé stessi e del proprio corpo avviene attraverso questa lente che può modificare, deformare, ampliare o distorcere ciò che osserva.
Dobbiamo quindi imparare a conoscere questa lente e i suoi filtri, perché essa influisce non solo sul modo in cui vediamo il nostro corpo, ma sul modo in cui vediamo noi stessi in generale. A sua volta, il modo in cui vediamo noi stessi è a fondamento del nostro modo di porci rispetto all’ambiente, alla nostra vita. Dobbiamo imparare a neutralizzare le visioni distorte che non ci permettono di accettarci per come siamo

Un concetto che interviene nelle valutazioni che la persona compie su se stessa e, di conseguenza, influenza l’autostima è quello di autoefficacia.
Per autoefficacia si intende la fiducia nelle proprie capacità di escogitare le strategie che ci consentono di affrontare nel modo ottimale qualsiasi evenienza. Il concetto di autoefficacia dipende da molte variabili tra cui l’esito brillante di precedenti situazioni problematiche affrontate, lo stato di benessere derivante e le auto-persuasioni positive; anche la capacità di immaginarsi vincenti in esperienze gravose sembra migliorare la fiducia nelle proprie capacità.